25-08.1995
L’opera d’arte astratta è materia
formata: è quel giallo, proprio quello lì, che si
costituisce in quadrato, triangolo ecc.
E’ quel quadrato del giallo,
quel triangolo del giallo.
L’opera d’arte figurativa possiede
la forma ma non la materia.
La materia c’è, il pigmento del
colore, è chiaro, ma è svalutata, “smaterializzata”, è
richiamo ad altra materia ( quella dell’oggetto rappresentato: quel
pigmento verde “richiama” alla mente il verde della clorofilla
vegetale dell’albero, per es. ) è simbolo, è illusione, di per sé
non esiste, anzi, deve scomparire! Quanto più la materia
sussiste, tanto più il quadro figurativo è fallito.
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Arte astratta: rendere visibile
l’invisibile.
L’invisibile (il concetto ) nasce
dalle cose, tra le cose, nasce nel visibile, si alza in cielo
nella astrattezza invisibile della concettualizzazione ,
ritorna in terra nella concretezza visibile dell’opera
astratta, reso però esplicito nella mediazione, nel superamento
della pura cosalità, intrinsecità, immediatezza del visibile.
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13-03-1996
Nell’arte figurativa non è possibile
–in una lettura non figurativa, “formale”- negare le
figure, appuntando l’attenzione solo sulla costruzione,
composizione ecc.
Sarebbe un procedimento scorretto ( lo
stesso procedimento che, a Kandinsky, dette lo spunto per il
concepimento di un’arte non figurativa: il quadro capovolto ).
Un quadro figurativo letto negando
le figure non è la stessa cosa di un quadro astratto perché quella
negazione è impossibile a realizzarsi, pena lo svuotamento di
significato del quadro.
Il quadro figurativo significa,
infatti, e a livello astratto (composizione, costruzione,
pesi, colori ecc. ) e a livello mimetico ( significato dei
concetti degli enti raffigurati, simbolismo, risonanza cognitiva e
affettiva, valore ecc. ).
Di qui la difficoltà dell’equilibrio
e dell’armonia di queste due valenze del quadro figurativo, la sua
maggiore complessità, forse
Le due poetiche, mimetica e astratta
hanno due diversi statuti.
La negazione della figura ( della sua
referenzialità ) nell’arte mimetica produce lo svuotamento
dell’icona, ridotta a pura forma(astratta), perché questa è
indissolubilmente fusa ( la forma ) con la figura mimetica.
Simbolo e forma sono inestricabilmente
connessi.
La “lettura” della sola forma si
degrada a “formalismo”, decoratività, sterile gioco plastico.
Non così per la forma dell’arte
astratta che nasce come forma e come forma di un concetto(
visivo, spaziale, non del tutto e sempre logico, ma formale,
intuitivo, non verbale ) e che, anzi, trova la sua negazione nel caso
in cui gli si voglia attribuire una referenzialità, un mimetismo,
una figuratività che essa non ha né pretende di avere.
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25-07-1996
Il figurativo instaura immediatamente
una dialettica tra il pitturale( astratto in senso matissiano ) e il
descrittivo, oggettuale, che il non oggettivo non instaura, se non
mediatamente.
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Il problema è: che valore ha
l’oggetto?
Esso deve essere svalutato a favore
della sua”essenza”, “suono interiore”, a favore delle sue
“relazioni”, a favore di una” Totalità” di cui esso non è
che” fenomeno” e, quindi, parmenidianamente, falso, doxa,
ecc.?
Ma in quest’ultimo caso si
annullerebbe la pittura stessa!
Esso deve essere svalutato solo in
quanto riprodotto, interpretato, conosciuto e non in quanto
manifestazione dell’Essere.
Il non oggettivo deve, al pari degli
oggetti fenomenici e tra essi, porsi come manifestazione
dell’Essere.
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Il segno non è mai “anemico”, come
vuole Formaggio( p. 157) , ma è sempre vitale in quanto vive
nella organizzazione compositiva in cui è inscritto.
Sono le relazioni dei segni astratti a
dare ad essi vitalità, non la referenzialità( che in questo caso
mancherebbe) né l’autoreferenzialità.
Non c’è evasione dal mondo corporeo,
non è il “mondo delle idee”: il segno l’icona, sono corporei.
Il colore è corporeo, concreto, la
tela non è negata:vero è , semmai, il contrario: il figurativo è
“sogno”, incorporeità della materia pittorica.
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Il figurativo asseconda la deteriore (
e consolidata) tendenza del fruitore ad una visione
“referenzialistica” dell’opera.
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13-08-1996
Quanto all’accusa mossa alla pittura
non figurativa di essere un puro” gioco dei segni autoreferenziali
tra loro”, vedere Saussure, impossibilità di un sistema di segni
di essere un circuito chiuso, serrato.
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15-08-1996
Il sistema dei segni dell’arte non
oggettiva non è chiuso in se stesso.
Mediatore tra esso e la realtà esterna
è l’artista che esprime se stesso, il suo stile formativo.
La realtà, la prassi entrano ed escono
dal cerchio dei segni mediante lo stile formativo del suo autore.
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Un quadrato dipinto vive per se stesso.
E’ la realtà di un’immagine mentale.
Non è la copia (inferiore) di un
quadrato “naturale” o artificiale, esistente al di fuori di esso
nella realtà tridimensionale.
Ha, si, riferimenti, è carico di
rapporti storici, ma non fa riferimento ad un altro “più vero”
quadrato dell’esistenza.
Un volto, invece, un albero, una
bottiglia, una casa, ecc. non vivono per se stessi. Un volto piatto,
bidimensionale, che vita potrebbe avere senza il riferimento ad un
volto reale, tridimensionale?
Se una qualche vita gli è data, essa è
quella dei rapporti di forma e colore, della pura “pitturalità”,
che è la stessa vita del quadrato dipinto.
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Se la pittura è superficie e colore
(Moholy Nagy) quale migliore strumento della geometria per l’analisi
e la creazione della superficie?
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15-08-1996
Anche la metonimia “significa”, non
è pura sintassi ( v. Menna p. 82 ). L’autosignificazione
dell’opera concreta, metonimica, è pur sempre la significazione di
qualcosa. Non qualcosa d’”altro”, però.
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La “difesa della forma” è già
significato!
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08-09-1996
Le accuse rivolte all’arte astratta
si incentrano sulla disumanità, anemizzazione, autoreferenzialità,
insignificanza del segno.
Ma non è il segno che porta il
significato.
Il legame con la vita l’opera ce l’ha
non attraverso l’”umanità” del segno ma attraverso la sua
“formazione”. E’ l’opera che è significativa, non il segno!
E’ l’opera che parla, che è intessuta di umanità, non il segno!
Nell’opera astratta, solo il segno è autoreferenziale!
L’opera è autoreferenziale solo nel senso che rimanda alla sua
formazione e non a criteri esterni, non nel senso che non vuol dire
niente, che è slegata dall’umanità.
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Articolo di Dufrenne su “arte e
natura” mostra che l’opera, anche se sganciata dalla immediatezza
corporea della banale referenzialità, esprimendo se stessa,
esprime e rivela il Mondo, la Natura.
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24-09-1996
La materia non negata nell’arte non
oggettiva, non è la materia dell’arte materica.
La prima non è negata, ma non è
neppure in primo piano in quanto tale.
Essa è materia formata. Il
pigmento, la tela, la pennellata, non valgono per se stessi, ma
neppure sono negati, annullati da un atto percettivo che li
trasfiguri.
Così come il corpo umano è materia ma
materia formata e, quando non venga negata dallo spiritualismo, non
si pone in primo piano:pelle, sangue ecc.
Porre la materia in primo piano,
nell’opera, significa: negare la forma.
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Kandinsky, Malevic, Mondrian non è
tanto che negassero valore alla rappresentazione degli oggetti
(figurativismo ) quanto, piuttosto,agli oggetti stessi, al mondo
degli oggetti,di cui il figurativo è una più o meno fedele
interpretazione, rappresentazione.
Essi produssero un’arte non oggettiva
non perché non volessero rappresentare tout court, ma perché
non volevano rappresentare oggetti.
Infatti la loro arte rimane all’interno
della rappresentazione: rappresentazione del mondo non oggettivo (il
suono interiore di Kandinsky,l’essere e il nulla di Malevic,
relazioni costanti di Mondrian ) ( Rappresentazione di idee pure,
concetti ecc. Universalismo platonizzante, rottura del “velo”
delle cose,ecc.).
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01-10-1996
L’oggetto”spiazzato” di Duchamp,
la linea astratta di Kandinsky (v. Menna, p. 100, 101 ) realizzano
una “epochè” fenomenologica che ci spinge ad abbandonare
il “già noto”per una nuova percezione, interpretazione
dell’oggetto, della linea.
L’opera diventa un mezzo di
investigazione e conoscenza del mondo (Menna ). Il neo-figurativo
credo sorga anche come opposizione al non oggettivo, in quanto
rassicurante ritorno o permanere nel già noto, nelle
coordinate stabili della valenza semiotica comunemente accettata.
L’astrazione sarebbe, cioè, letta
come “decontestualizzazione” del segno e ritenuta, perciò,
disturbante la pacifica e stabile comunicazione del già noto.
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Si dice dell’arte astratta che essa
abbia rescisso il legame con la “corposità” della vita; niente
di più falso. La linea astratta, la figura geometrica, non sono
“pure idee”, “ombra” della realtà materiale .
Sono esse stesse realtà materiale,
corporea, che “nomina” se stessa, o meglio, si “rinomina”in
un contesto diverso da quello usuale della dominazione consueta,
semiologicamente accreditata.
Non manca il referente, quindi, nel
segno astratto.
Infatti si parla di segno
“autoreferenziale”.
Il referente è il segno stesso come
oggetto che viene rinominato in attesa di una nuova interpretazione,
significazione.
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15-11-1996
Solo se consideriamo il quadro sotto
il punto di vista (limitativo) della rappresentazione (v.
Menna) possiamo dire – verità parziale- che esiste un punto di
vista mobile, dinamico, “relativistico” ecc. In realtà, sotto il
punto di vista della superficie non si ha che un solo
punto di vista: quello dell’osservatore, del fruitore che si pone
di fronte al quadro, nel punto in cui ( presumibilmente) l’opera si
osserva meglio. E quel punto di vista è sempre lo stesso! Sia
che si tratti di rappresentazione secondo la prospettiva
quattrocentesca, sia che si tratti del punto di vista dell’analisi
cubista ecc.
Solo se compiamo l’operazione
(discutibile) di entrare dentro il quadro, nello spazio della
rappresentazione e non più della “peinture”
possiamo affermare che esistano più modi di concepire il punto di
vista.(Menna,p.54)
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Se si critica il punto di vista
(statico, dinamico ecc.) si critica il contenuto ( mentale ) del
quadro,
non la forma.
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05-04-1997
Figurativo-astratto. Sporgersi in uno
spazio” aldilà”
Concreto: concreto accanto alla natura
concreta.
Perversione e diseducazione dell’uomo:
non sta mai sul concreto, ma si “sporge” aldilà della vita,
cerca “aldilà” il significato.
Il significato è qui, nel
concreto della vita.
Attitudine pervertita.
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09- 04-1997
Ogni rettangolo contiene in sè il
quadrato da cui proviene quale sua ( del quadrato) tensione dinamica
e quello virtuale cui aspira a ritornare quale sua ( del rettangolo)
aspirazione alla quiete e staticità.
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Il quadrato ha già in sé lo
squilibramento che genererà la tensione a dinamizzarsi secondo uno
dei suoi lati; squilibramento dovuto alla posizione del quadrato
rispetto all’osservatore (v. Arnheim, Kandinsky, Klee).
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24-04-1997
L’assenza di relazione con il reale
e l’assenza di significato( volutamente perseguiti nell’opera
eteroreferenziale) sono assenze rinvenibili nella volontà
dell’autore, non nell’opera “autoreferenziale”.
Nell’opera autoreferenziale, la
relazione con il reale e il significato sono semplicemente non
voluti, non perseguiti ma non per questo assenti.
Sono (o possono )essere assenti nella
intenzione cosciente dell’artista non nella realtà dell’opera.
In questo senso l’opera è
“autoreferenziale”, non nella sua essenza, ma nella volontà
dell’artista, il quale intende (può intendere) escludere
dall’opera significati intenzionalmente perseguiti mediante
l’analogia, la somiglianza, la contiguità con il reale.
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08- 05- 1997
Detto per il Cubismo: l’insieme di
tanti punti di vista è ancora un punto di vista.
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11-05-1997
Segno in pittura è richiamo, “segno”
dell’attività, del fare, della personalità, dell’inconscio
dell’artista.
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27-04-1097
Il problema del segno etero o
auto-referenziale in pittura.
Se il segno in pittura è
autoreferenziale, è chiaro che non è più un segno. Cosa è allora?
Il problema è mal impostato.
Non di segno si tratta ma di unità
sintattica, grammaticale,linguistica.
Il riferimento ad altro è proprio del
linguaggio come sistema, non del segno isolato.
L’identità di un’entità
linguistica è il suo valore (CLG p.134).
Il valore è interamente in funzione
del sistema di cui la parola è parte ( De Mauro p. 147).
“Le forme linguistiche non hanno una
loro intrinseca virtù semantica, isolate dal “dicens” “ (De
Mauro).
Ora il segno “autoreferenziale” non
dovrebbe comunicare alcun significato, non sarebbe più un segno ma
oggetto tra gli oggetti.
Eppure, anche contro la volontà
dell’artista, comunica.
Comunica perché non è isolato, è
inserito nell’opera.
Le sue relazioni interne comunicano
perché è impossibile scindere il segno completamente dal fare
formativo dell’artista inserito nella sua epoca, nel suo contesto
culturale, scinderlo dalle pulsioni inconsce, dai sentimenti e valori
dell’autore.
(Vedi Formaggio e il concetto che
l’arte non è linguaggio)
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11-08-1998
Se si rappresenta la realtà, si
rappresenta una finzione.
Se si rappresenta una finzione si
rappresenta una realtà.
Vale per ogni arte!
(Se si rappresenta la realtà, la
rappresentazione è una finzione di realtà, se si rappresenta una
finzione- un prodotto della fantasia-,la rappresentazione diviene la
realizzazione di quella finzione, il suo venire ad esistenza
nella realtà).
La realtà, ogni realtà, anche
parzialissima ( un oggetto, un volto, un fiore ecc ), ci sfugge nella
sua totalità, nella sua essenza, che non è misteriosa, ma
semplicemente inesauribile.
Ciò che rappresentiamo di essa (
qualora l’intenzione sia di rappresentare essa realtà con una
modalità “realistica”) è solo un’astrazione,un simulacro
poverissimo e vuoto, una “finzione” di realtà, in breve.
Quando vogliamo rappresentare una
finzione (ossia una nostra creazione mentale,una “creatura” della
nostra fantasia )noi produciamo, con quella rappresentazione, la
realizzazione di quella finzione, l’unica realtà in cui
essa finzione esista veramente al di fuori della nostra mente,
l’unica realtà in cui c’è TUTTO quello che deve esserci e non
c’e nulla che manchi.
Se per ipotesi, di questa nuova realtà
venuta ad esistenza grazie all’artista ,volessimo dare una
rappresentazione ( una copia ), creeremmo una finzione perché,
essendo l’opera inesauribile ed inafferrabile nella sua totalità,
la copia non sarebbe che un’astrazione di tale realtà.
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010-9-2003
In arte una posizione, una corrente,
una poetica, un genere, sono superati non, quando critici, storici,
teorici ecc ne decretano la fine o l’obsolescenza; nemmeno quando
il pubblico, il sistema, la società, il costume ne provocano di
fatto il declino e la posizione minoritaria, la non rispondenza
al “gusto” dell’epoca.
Una poetica, una corrente, un genere
sono superati e morti quando non producono più alcuna opera di
qualità eccelsa.
Finchè anche una sola opera di
alta qualità sarà prodotta all’interno di un genere, quel genere
sarà vivo.
Anche se morisse il genere,
sopravvivrebbe comunque , a pieno titolo, l’individualità
dell’opera di qualità.
Inutile quindi interrogarsi sulla
propria appartenenza ad un genere, se quel genere sia attuale o
superato (tutti i generi prima o poi diventano “superati”).Dobbiamo
invece chiederci se l’opera che creiamo all’interno di quel
genere sia di alta o mediocre qualità.
Questo solo conta!
C’è una storia fatta dai generi, che
interesserà lo storico, il critico ecc, ma c’è anche e
soprattutto una storia fatta dalle opere che interessa l’essenza
dell’uomo di fronte al bello, al vitale, al propositivo e la sua
capacità di crearlo e suscitarlo.
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09-08-2007
Semir Zeky – La visione dall’interno
Se le configurazioni astratte, a
differenza di quelle figurative, attivano solo l’area V4
(verificare) , bisognerebbe però distinguere tra prima presentazione
della configurazione e seguenti.
Nell’ultimo caso, ritengo, si
potrebbe sperimentare che si attivano anche altre aree, come per il
figurativo, in quanto per la raffigurazione astratta, come per il
figurativo, si sono formate associazioni emotive, cognitive,
dal momento della prima presentazione dello stimolo alla seconda od
ulteriore presentazione.
Lo stimolo figurativo attiva più aree
perché esso è già ricco di associazioni, sin dalla prima
presentazione.
Anche uno stimolo astratto può
arricchirsi di valenze emotive,di raccordi cognitivi con la storia
dell’arte, di risonanze emozionali diverse, ecc.
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05-11-2007
Movimento orizzontale , destra sinistra
o viceversa.
Il divenire della storia. Necessita
della rottura della simmetria.
Movimento antero-posteriore, normale
alla superficie pittorica:riflessione metafisica, “numinoso”.
Necessita della simmetria dx-sn, non necessariamente alto- basso.
(Rothko inizia con quadri”dinamici”,
asimmetrici, poi perviene alla simmetria e al “numinoso”.
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17-02-2008
Aura ed auratico
Se la copia fosse identica!
La copia non è mai identica se non è
progettata dall’artista per essere serie.
Auraticità nella costituzione
interna di un’opera, costruita per essere serializzata.
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08-07-2008
In arte l’ironia insistita scade
facilmente in “spiritosaggine”.
Sono annoiato e infastidito dalle
spiritosaggini, “trovate” ironiche (non invenzioni) continue.
E’ ciò che io chiamo “sindrome
dell’Espresso”, la coazione al motto di spirito.
L’ironia insistita si lega spesso
alla personalità snobistica degli autori, ad una certa fatuità.
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Fastidio per alcuni amori del passato:
i quadri da cavalletto di Bonnard , Matisse ecc.di interni piccolo
borghesi.
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28-08-2008
Del dare il titolo al quadro astratto
Dare un titolo ad un quadro astratto è,
per me, in genere, fatti salvi casi particolari, un’operazione
errata.
Per due fondamentali motivi:
- Il titolo fornisce all’opera un significato aggiunto, spesso una nobilitazione indebita, favorendo la naturale disposizione dell’uomo a proiettare sullo schermo della superficie pittorica i pensieri e le fantasticherie suscitati dalla suggestione letteraria del titolo. ( Se, per es., ad una serie di quadrati iscritti, leggibili pittoricamente per la loro dimensione, disposizione, colore,ecc., do il titolo: Myra-Ceti, ossia il nome di una costellazione, ecco che induco nell’osservatore una fantasia proiettiva che lo spinge a completare e ad arricchire l’esperienza estetica con le proprie fantasticherie.
- Il titolo produce anche l’opposto effetto di limitare ad una sola tutte le possibili associazioni che inevitabilmente debbono contribuire e non possono non farlo, alla costituzione dell’opera,: quella sola imposta dal titolo. (Nell’esempio sopra riportato, quella dello spazio cosmico,astronomico ).
- L’uomo, di fronte allo sconosciuto, al non noto, all’imprevisto, si dis-orienta, perde l’”oriente”.
- Il titolo dato a un quadro astratto rappresenta un lumicino per orizzontarsi là proprio dove ci sarebbe da perdersi…
Gualtiero Savelli
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