Tu sei vissuto per gli uomini che vivono nel peccato,
circondato da mendicanti, da
prostitute.
Conoscesti il Giordano,
predicasti a Tiberiade,
dai sacerdoti di Gerusalemme
fosti condannato.
Arrivò il giorno in cui vollero
la tua morte
e ti ritrovasti in un Eden.
Ti misero una croce sulle spalle,
invitandoti al Calvario.
Le Tue carni furono oltraggiate,
non gli bastò spezzarti le ossa,
ti trafissero con una lancia il
fianco.
Ma la tua buona novella
non poterono fermarla.
Più forte che qualsiasi spada
balenò sulla terra,
diffondendosi tra gli uomini.
La tua voce
che tuona
oltre la montagna.
Ai primi uomini
di Giordania
che l’hanno ascoltata.
Non ancora pronte
le genti alla buona novella:
una risma indistinta
nel turbinio dell’essere.
Sulle soglie del Tempio
i cento sacerdoti
con abiti d’argento
fanno vibrare coppe
ricolme di vino.
Illuminato dalla luce, al di là
delle ceneri,
nel baratro del peccato,
sei vissuto tra i poveri
senza ricchezze né onori,
recando agli uomini la tua
dottrina.
Sulla via della Croce fosti
condannato,
sopportando il martirio e le
spine.
Poi sguardi di uomini ti
seguirono,
sicché molti si accorsero della
tua venuta,
convertendosi alla nuova
religione.
Diventasti il Messia e il
Salvatore,
ti chiamarono il Dio delle genti,
la tua fama si sparse per i
continenti
e il tuo nome si impresse nelle
coscienze.
Avevi un corpo, un pensiero
che nasceva
sotto la fiamma.
Lunghi capelli sciolti
sulle spalle
e l’innocenza del fanciullo
nel cuore.
Tra le stanze del Tempio
tristi sacerdoti
decretarono la tua sorte.
La pietra inaridita,
e tua madre sotto la Croce
a piangere la tua morte.
Daniel Filoni
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