Atene. È notte.
Presso il Pireo, quattro uomini di aspetto ricercato, discutono vicino alle navi,
di una questione di rilevante importanza.
Alcibiade: Ieri, dopo che la nave per Delo ha fatto
ritorno, abbiamo assistito all'esecuzione di Socrate, l'uomo più giusto del
nostro tempo, il quale, rifiutando l'esilio, è andato incontro alla morte,
senza timore o risentimento.
Platone: Come un eroe se n’è andato dal mondo,
trapassando nell'oscuro Tartaro, con grande orgoglio e dignità.
Al: In nome di Zeus, Signore dell'Ida! Hai visto con quale calma
attendeva nella cella la sua ora? Come ha bevuto di sua iniziativa la cicuta? Ci
ha lasciati senza temere il giudizio implacabile degli dei.
P: Spaventose e terribili erano la sua calma, la sua ostinazione.
Così, rifiutando il soccorso dei suoi discepoli e
rifiutando l'esilio in terra straniera, Socrate, ha abbandonato la terra e il
cielo.
Al: Sembrava che un demone gli illuminasse la mente, con una filosofia
meravigliosa. Pertanto, ci è parso che un dio lo guidasse, al momento del
trapasso.
Meleto: Sta bene, Amici.. questo posso
concedervelo. Tuttavia, nonostante la sua apparente virtu´, la quale e´riuscita
ad ingannare molti uomini, dobbiamo ravvisare che davvero insopportabile era
diventato il nostro Socrate negli ultimi anni della sua vita.
Trascorreva i giorni interi nell'Agorà,
distogliendo i nostri cittadini dai compiti a loro prestabiliti. Con vuote teorie
gli riempiva la mente, instillando il
dubbio nelle loro anime.
Anito: E chi credi, d'altronde, che abbia corrotto i nostri Crizia e
Alcibiade, se non quel vecchio fastidioso? Io stesso lo ascoltai più volte
durante i loro dialoghi. E mentre i nostri valorosi giovani cercavano di
addurre le loro ragioni intorno a qualche problema di relativa importanza (tra
l'altro da lui sollevato), subito quella specie di piatta torpedine, li
sviava dai loro ragionamenti, con argomentazioni artificiose e vane.
Meleto: Socrate era un abile oratore, un sofista. Con
argomentazioni capziose, tentava di rendere forte anche il più debole dei discorsi.
Anito: Sì, Amico... proprio questo era Socrate.
Platone: Voi
date troppo ascolto alle false parole scritte da quel “commediografo”.
Ascoltate invece le testimonianze di coloro i quali hanno assistito e
partecipato, personalmente, ai suoi dialoghi. Allora vi convincerete della
sincerita´ della filosofia di Socrate.
Alcibiade: Socrate ha sempre ripudiato chi faceva professione di sapienza, senza
conoscere le ragioni profonde di cio´che insegnava.
Meleto: (Presi
dall'euforia del momento.) Non capite che molti sono i capi di accusa, che
vanno al di la´ del suo semplice modo di far filosofia. In principio: egli fu il
primo ad introdurre nuove divinità in Atene; dall´altro lato, coi suoi
ragionamenti sull'anima, egli pensava di poter indagare e investigare su ogni
singolo fenomeno.
Anito: Socrate avrebbe dovuto capire, invece, che nessuno può mutare e
trasformare le tradizioni religiose e politiche di Atene.
Meleto: Inoltre le sue critiche incessanti alla democrazia e
all'assemblea. Chi credi che se non Socrate sia stato l'artefice della rivolta
dei Trenta? Chi ha instillato nelle anime dei nostri giovani l’odio e lo sdegno
nei confronti delle istituzioni?
Alcibiade: Poco avete compreso di quest´uomo.
Anito: Al contrario, Meleto ed io, e
il nostro amico Licone, lo abbiamo
smascherato!
Alcibiade: Proprio perche´ i suoi insegnamenti erano sottili e profondi, non
tutti sono stati in grado di comprenderli. Un uomo come Socrate non aveva eguali
in tutta la Grecia.
Meleto: Mi era parso di capire che, Socrate riteneva più appropriato un
criterio di competenza in sede politica?
Anito: Egli voleva capovolgere dalle fondamenta la nostra democrazia; non
amava le decisioni prese dal popolo. Non ci sono dubbi.
Meleto: Egli non capiva molto di politica.
Platone: Ma il
filosofo del “conosci te stesso”, non
voleva insegnare ad altri un sapere che neanche egli possedeva. Egli faceva,
soltanto, nascere il pensiero negli interlocutori e imparava da questa sua
attitudine.
Anito: Per me, ha ragione Meleto. Socrate infatti era convinto che l’uomo
politico debba in prima istanza volgersi alla conoscenza di sé, alla
cura della propria anima, per poi, soltanto in un secondo tempo, dopo aver acquisito
competenze, impegnarsi nel governo e nell’amministrazione dello Stato.
Meleto: Ma cosa c'entrano le anime e la filosofia per la politica! Non è
forse vero, al contrario, che l'uomo politico deve essere risoluto e pronto? La
filosofia, a parer mio, distoglie dall’azione e svia dai propositi.
Platone: Tutta
la mia filosofia e´una dimostrazione della falsita´ della tesi che tu esponi.
Anito: Suvvia, nobile Platone. La filosofia, se non dosata con parsimonia,
instilla nelle anime desiderio di
contesa. Prendiamo in esame alcuni esempi, in modo tale che la considerazione
possa mostrarsi con maggiore chiarezza. Pericle, Temistocle e Milziade, dal
canto loro, pur non essendo filosofi, in virtù di un'azione politica volta al
commercio, hanno reso Atene grande e potente. Edificando mura invalicabili,
ampliando il Pireo, facendo realizzare nuove navi, questi uomini, ci hanno
dimostrato il significato della parola aretè!
(Platone e Alcibiade si allontanano, irritati dalle parole appena
ascoltate... mentre i due, sempre piu´ persuasi delle loro argomentazioni,
continuano la conversazione.)
Meleto: Al contrario, con questo suo desiderio di
filosofia, questo suo amore per la ricerca, Socrate avrebbe condotto il nostro Stato alla rovina.
Anito: A che serve prendersi cura di se stessi con la filosofia? Non mi ci
raccapezzo proprio. Mica siamo medici! Non capisco, inoltre, come questa
filosofia possa influire nella vita politica.
Meleto: A dire il vero, neanche io mi ci raccapezzo! D’altronde, che cos'è
questa filosofia? Questo bisogno primordiale che l'uomo ha d’indagare e di ricercare?
Quando tutti i cittadini sanno che solamente gli interessi materiali muovono
l’azione dei governanti degli Stati.
Anito: Necessaria e’ soltanto una civile educazione, per permettere ai
cittadini di partecipare all'assemblea popolare.
Meleto: Socrate ricercava invece la sostanza, il fondamento, della giustizia,
della saggezza, della santità o della temperanza.
Anito: Questo sta bene... pero´ quale comportamento egli terrebbe durante
una battaglia? Quest’uomo non sarebbe in grado di difendere uno stato.
Meleto:
Qualunque Stato governato da filosofi sarebbe distrutto o conquistato in pochi
giorni.
Anito: Ti rendi conto, infine, di come quest’uomo, con il suo atteggiamento,
si sia preso gioco dei Cinquecento (giudici), senza considerare la loro
autorità?
Meleto: Eh... poteva almeno ammettere e confermare, nell'Areopago, la sua
colpevolezza e accettare l'esilio, così da aver salva la vita.
Anito: Non credi, invece, dato il suo ideale di vita dedito alle ricerche,
che, sarebbe stato meno onorevole accettare l'esilio e ammettere la propria
colpevolezza?
Meleto: Beh! Questo io ora non saprei dirtelo. Sono consapevole però di una
cosa: io, al suo posto, messo alle strette, avrei accettato l'esilio.
Anito: Se Socrate avesse accettato l'esilio, avrebbe dovuto rinunciare alla
filosofia in cui credeva tanto.
Meleto: Basta Anito con questa filosofia! Capisci quanti guai questa disciplina
può causare ad un uomo, ad uno Stato, quando è questa a guidare l'uomo e lo
stato e non l'uomo e lo stato a guidare la filosofia?
Anito: Forse dici il vero... come Callicle quando non si è fatto imbrigliare
da Socrate, manifestando la sua avversione per i filosofi.
Meleto: Vero! Lo stato non ha bisogno di questi uomini.
Anito: D'altronde, mai un filosofo ha reso ricco e potente uno stato.
Pertanto sono convinto che abbiamo fatto
un'ottima azione nel mandare a morte Socrate.
Meleto: Ogni buon cittadino, come noi, dovrebbe osservare le leggi e rispettare
le tradizioni vigenti.
Anito:
Bene... ora che abbiamo assicurato il benessere alle generazioni venture,
possiamo ritenerci soddisfatti.
Meleto: Vedi là il mare grandioso, che si apre, nella sua maestà, alla vista.
Vedi e immagina l'Ellade tutta, nei secoli futuri, governata da cittadini
scaltri e potenti. Pensa a un'Ellade governata da ricchi mercanti dediti al
benessere personale; pensa ad affaristi protesi ad aumentare, con la loro
brillante condotta, la gloria di questa nostra civiltà occidentale. Pensa,
infine, una confederazione di Stati senza più sapienti e filosofi, immagina
che splendore e quale futuro. L'Europa, certamente, diventerà il centro del
mondo, e un modello da imitare.
Anito: Ben detto, amico! Da oggi, tutti ci ricorderanno come uomini giusti,
come precorritori delle democrazie future e del libero Stato. Proprio noi che
per primi abbiamo messo a morte l’amore per la Sapienza, estirpandolo
dall'Europa tutta.
DANIEL FILONI
Dialogo precedentemente apparso sulla rivista Filosofia e nuovi sentieri.
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