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Una dialettica del fare e del disfare.



Una dialettica del fare e del disfare

di Daniel Filoni

 A prima vista, nonostante l'apparente linearità dello stile, non è facile dire che cosa sia esattamente Del fare e del disfare. Sicuramente è un libro che narra la biografia di un docente universitario, del quale qui ci limiteremo a dire il nome: Francesco. Vi troviamo al suo interno il percorso esistenziale che accompagna e narra la vita del protagonista sin dalla prima infanzia; vi troviamo, inoltre, accennata la storia della sua famiglia; inoltre è presente una lucida e attenta descrizione dell'Italia del primo Dopoguerra. Ma questi fatti, presi singolarmente, non esauriscono il contenuto e il significato del libro.

Difatti l´opera si snoda linearmente su più orizzonti narrativi, illuminando, non in modo univoco, le vicende del protagonista, ma inserendo quest’ultimo all'interno del proprio periodo storico e del suo nucleo familiare. Gli eventi sono delineati in tre “Movimenti”, che contengono la biografia: è come un crescendo musicale, che dalla fanciullezza arriva alla presa di coscienza di Francesco. Tutto accompagna, tutto si muove in questo intenso intreccio di parole, tutto delimita e circoscrive una vita piena di sentimenti e amore. È la vita del piccolo Francesco e della sua famiglia, dietro il velo della narrazione, che l´autrice mette in scena, nonostante questa esistenza sia ben inserita nella propria cornice storica. E proprio qui, a parer mio, è racchiusa la chiave del racconto, è qui che si svelano le abilità di chi scrive.

Il racconto scorre veloce, pagina dopo pagina, accompagnando il lettore nelle vicende del piccolo Francesco, illuminando la sua crescita e la sua progressiva presa di coscienza di sé stesso.

Licia Pizzi, l´autrice, dimostra un´abilità particolare nel ricostruire le trame dello svolgersi di questi eventi. La descrizione delle vicende è affidata a uno stile sobrio e leggero, lontano da ampollosità retoriche e da ogni anacronistico sentimentalismo. La Pizzi, nel far questo, riesce a dar voce a un contenuto che, senza un controllo formale rigoroso, avrebbe rischiato, a causa dei forti sentimenti, di degenerare in un pathos inopportuno. E ciò mantiene in equilibrio forma e contenuto, senza che l´uno prevarichi sull´altro, e rende gradevole la narrazione.
Similmente si espresse W. T. Adorno nella sua Teoria estetica, quando sostenne che la forma è forma solo in quanto è essa stessa contenuto sedimentato. Sembra che la Pizzi, la quale forse non conosce le riflessioni adorniane, abbia tenuto, inconsapevolmente, conto di questa felice formula estetica del filosofo francofortese. Veramente qui la scelta dello stile sembra fare la differenza, giacché l´uso di una forma diversa avrebbe compromesso l´opera intera.

Se diamo ora uno sguardo d' insieme al racconto, ci accorgiamo che l'intera opera ruota attorno a tre elementi portanti.
Uno tra questi è il viaggio. Proprio il viaggio, già dalla prima età di Francesco, anima il suo tempo e
fa della sua vita una continua avventura. Non c’è un solo periodo della vita del protagonista che non sia inserito in questo orizzonte. Sempre: appena nato, nell´adolescenza, nel periodo dell´università e poi in quello dell´insegnamento, Francesco sperimenta e vive la suggestione della partenza e dell´arrivo in luoghi non conosciuti prima, sicché il suo animo sarà sempre aperto a nuove conoscenze e a imprevedibili scoperte.
Inoltre, non solo il viaggio compiuto fisicamente: Londra, Budapest, Vienna, Cuba, Madrid, la Cina e Leningrado sono tappe che non esauriscono la sua sete di conoscenza, ma anche quello dell'anima, che si muove, peregrina, lungo le soste della vita. Solitudine e pace, infatti, sono gli orizzonti ai quali Francesco non potrà fare a meno di arrivare, dato il suo temperamento votato alla riflessione.

Un altro fattore importante del racconto e della vita di Francesco è la precoce esperienza della guerra. Anche se a un lettore poco attento può sembrare un elemento secondario, che solo superficialmente influisce sul racconto e sulla vita del protagonista, la guerra è un elemento decisivo.
Sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale, gli anni in cui il mondo intero è teatro di orribili crimini. Anche l'Italia è devastata dal conflitto e il piccolo Francesco percepisce l'orrore delle devastazioni, sicché non dimenticherà mai il suono assordante delle sirene e lo scoppio delle bombe. Vive i suoi primi anni circondato dagli orrori del conflitto. Sebbene sia protetto da una famiglia amorevole e presente, la guerra lascerà, indelebilmente, il segno nel suo carattere sensibile. Ma il suo merito sarà quello di saper trasformare il sangue nell'oro del pensiero. La scrittrice è brava a mostrare questo travaglio, sa usare parole suggestive e dense di significato.

Infine, il terzo tema che attraversa tutta la narrazione: il nucleo familiare. Questo tema, il nucleo familiare, riveste un'importanza decisiva sia nel racconto sia nella vita reale di Francesco. È difficile spiegare come le figure deliziose di una famiglia di antico stampo abbiano contribuito a rendere caldo e protettivo il clima della casa di palazzo Trabucco di Napoli (dove risiedevano). Rinvio, dunque, al libro per cogliere questo aspetto.

Da segnalare anche altri elementi che, come si evince dalle pagine di Del fare e disfare, contribuiscono a rendere la vita del protagonista avvincente. Sono questi elementi, d' altronde, che, apparentemente di secondaria importanza, avvolgono l'esistenza di Francesco. Uno di questi è il grande amore per la musica, che Francesco ama e coltiva già da ragazzo; un altro è la passione per la storia, che lo affascina e lo cattura; infine, l’interesse per le lingue: elementi di tedesco, inglese, ma soprattutto il francese, che sarà la lingua della sua anima, fino agli studi a Parigi. Senza dimenticare le suggestioni della filosofia buddhista, alla quale Francesco si accosta, a Napoli, nella casa del senatore de Lorenzo, studioso e praticante di buddhismo.

A Napoli, insomma, Francesco diventa grande. E Napoli, la ridente città del Mezzogiorno italiano, fa da teatro alle sue vicende. L’ambiente di Palazzo Trabucco, il suo rapporto con la famiglia, l'amore inesausto per la lettura contribuiscono alla crescita e alla presa di coscienza del giovane protagonista. Ed è tutto un mettersi in moto di sentimenti e di ardenti passioni. Prima gli anni della scuola elementare svizzera, poi quelli del liceo, costellati da amici e animati da vivide letture. Sono gli anni in cui Francesco inizia a capire la sua vocazione di storico. Egli non ama accontentarsi della superficie e dell´apparenza che velano la sostanza della realtà, ma è preso dal bisogno di ricostruire le cause che generano eventi: è il metodo genealogico ciò che lo muove nelle sue ricerche.

Forse proprio il momento della scelta della facoltà universitaria è il periodo nel quale meglio si manifesta quella tendenza “del fare e del disfare”, che caratterizza Francesco già dalla prima età. Questa attitudine del comporre per poi scomporre, il desiderio di riannodare sempre in modi diversi i fili dell’essere, sono elementi strutturanti della personalità di Francesco, il quale quasi inconsapevolmente, mosso dal fluire irrequieto del suo animo, deve seguire e cercare di tenere insieme i suoi molteplici interessi, le sue passioni, affinché non gli sfuggano di mano e diventino deleteri per la sua persona. E sebbene egli riveli sempre una prevalenza del suo sé profondo sulle cose, un velo di malinconia lo accompagnerà costantemente nel corso della sua esistenza. Questa dialettica rende avvincente la sua vita.

Dopo la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli, ecco il libro che sviluppa i temi della sua tesi di laurea: Il contemptus mundi nella scuola di San Vittore -  forse il libro che maggiormente l´affascina: per certi aspetti, è il libro della sua vita. Il suo ‘esistenzialismo’, vicino a quello di Camus che scoprirà poco dopo, lo porta a negare il mondo e a denunciarne la vanità.  Camus lo accompagnerà negli anni della maturità, perché in lui Francesco vedeva declinata l´esistenza sotto i suoi mutevoli aspetti, quella stessa condizione umana, irretita e fagocitata da un nichilismo aberrante…

E tuttavia è rimasto sempre vivo in Francesco l’amore per il mondo pur nella sua imperfezione e vanità. Lo stesso interesse per la ricerca scientifica, da storico, è condotta con uno sguardo sempre rivolto al mondo della vita, come se, nietzscheanamente, Francesco non fosse capace di studi non rivolti a interrogare il mondo.

Ecco, tutto ciò emerge dalla scrittura di Licia Pizzi, con una purezza di stile davvero avvincente. Una scrittura nitida che dà risalto, senza mai accentuare i toni, a una singolare vicenda di vita, che non è solo quella di un ricercatore. Vorrebbe essere la storia di un uomo che ha cercato di far tutt’uno col suo tempo: subendone le vicende e tentando di partecipare ad esse con un impegno sempre appassionato.



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