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Dialogo di un docente e dei suoi studenti.


Di Daniel Filoni




Palermo. Nei pressi del mercato della Vucciria, in una scuola, un docente discute con gli studenti di una sua classe di alcune importanti questioni educative.


Docente: Buongiorno, ragazzi. Come state?
Studenti: (in coro) Bene.
D: Prima di iniziare la lezione di oggi, voglio discutere con voi di un argomento che interessa e stimola la riflessione. Che cosa ne pensate?
( La maggior parte dei ragazzi già sghignazza all´idea di perdere minuti di lezione).
Studente: Ci piace discutere con lei, prof.
Studentessa: A volte, è importante rivolgere lo sguardo alle urgenti questioni che ci circondano, dal momento che a scuola, troppo spesso, ci ritroviamo schiacciati dallo studio memnonico dei programmi che ci vengono imposti dal ministero dell´istruzione... Smettiamola di perdere di vista la complessità della realtà che ci circonda! Apriamo, invece, gli occhi verso ciò che è attuale...
D: Sarebbe ottimo alternare alcune ore di dibattito alla routine delle lezioni frontali, per cercare di integrare le spiegazioni  alla viva discussione del presente.
Studente: Infatti, quello che facciamo a scuola non sembra servirci per la vita di tutti i giorni. Troppo spesso, ho come la sensazione di stare a perdere il mio tempo prezioso. Mentre ascolto le lezioni di latino, di greco e di filosofia, rivolgo il mio sguardo fuori dalla finestra e vedo la gente che accorre, frenetica; ascolto le voci che da lontano giungono qui alla scuola di uomini e donne intenti al loro lavoro quotidiano; ed io qui sto in silenzio con i miei libri ed i miei quaderni. E la vita sembra scorrermi addosso...
Studentessa: Che cosa credete che importi a quella gente che si trova al mercato del teorema di Pitagora, del terzo principio della termodinamica di Newton, o delle imprese di Cesare Borgia, detto il Valentino? Mentre sono a scuola, infatti, è come se fossi imprigionata in una torre d´avorio: qui la vita sembra avere contorni sbiaditi e diversi. Tutto è così rarefatto e lontano e il tempo sembra non esistere.
D: Avete ragione, ragazzi. Il mercato lì fuori sembra brulicare di gente festosa. Alla vista di tutte queste persone cosí allegre verrebbe voglia di uscire da scuola e di unirsi a loro... Fate attenzione però e osservate che cosa si nasconde sotto il velo dell´apparenza. Solo allora sarete in grado di darmi un parere piú dettagliato e profondo al riguardo.
Studentessa: Ma insomma, prof., vuole negarmi che quelle persone al mercato in questo momento siano più felici di noi che ci troviamo qui seduti su questi banchi, a discutere di eventi accaduti tanto tempo fa?
D: Io non sto negando o affermando alcunché, vorrei soltanto continuare il nostro dialogo affinché le cose vi si facciano più chiare con il proseguio della discussione.
Studente: Bisogna essere in malafede per affermare che quelle persone non siano più felici di noi. Io mi annoio terribilmente in questa classe.
D: In che cosa consiste la felicità secondo voi?
Studentessa: Consiste nel potersi muovere liberamente per la città, fare ciò che più ci piace, senza ascoltare o prendere ordini da nessuno.
D: Credete che queste persone, che voi ritenete felici, abbiano la consapevolezza di essere libere? Inoltre, a parer mio, le loro azioni non sono libere ma, al contrario, avvengono secondo l´ordine della necessità, la quale li spinge a comportarsi sempre allo stesso modo.
Studentessa: Si spieghi meglio, poiché non la capiamo.
D: La libertà è qualcosa che ha a che fare con l´autoconsapevolezza, con la conoscenza profonda di se´stessi. Nessuno è libero fintantoché non scopre le ragioni profonde della sua esistenza. O quanto meno le ricerca... Ecco, io credo che la nostra vita abbia un senso e che questo senso non sia alla vista, ma che invece vada ricercato , al contrario, nel profondo. Pertanto, il compito di noi uomini è quello di prenderci cura della nostra esistenza..
Studente: E chi sarebbe libero, invece, secondo lei?
D: Sono libere tutte quelle donne e tutti quegli uomini che hanno la consapevolezza delle loro azioni e tutti coloro i quali hanno raggiunto il dominio di se stessi attraverso un lungo tirocinio volto alla conoscenza del loro animo.
Studentessa: Inizio a capire qualcosa di ciò che vuole dirci, ma ancora non mi è chiaro come la scuola possa servire alla conoscenza di noi stessi.
D: La scuola deve aiutarci a farci conoscere noi stessi, mostrando che la conoscenza e il sapere servono come stimolo e insegnamento a tutti noi. La scuola deve insegnare che la nostra società non è la sola società possibile e che altre società possono realizzarsi e costituirsi.
Studente: Io invece non ho capito perché coloro che hanno un´ istruzione sono più felici di coloro che ora si trovano al mercato.
Studentessa: Infatti quest´anno abbiamo studiato autori come Leopardi e Schopenhauer, i quali sostengono proprio il contrario. Essi sono convinti, e non sono i soli nella storia, che quanto più si conosce  tanto più si soffre. Che cosa mi sa dire al riguardo?
D: La felicità di questi uomini somiglia a quella degli animali: come il dolce agnellino che ruminando l´erba sul terreno trascorre lunga parte della sua giornata ignaro del destino funesto che lo attende, allo stesso modo queste persone vivono la loro vita inconsapevoli del senso della loro esistenza, comportandosi come se ogni giorno fosse uguale ad un altro; sono uomini in continua tensione verso un futuro che non sarà in grado di gratificarli, giacché le loro menti saranno offuscate da non meditati propositi.
Studente: Secondo me, proprio in questo risiede la felicità: nel vivere spensierati, senza farsi troppe domande sul senso dell´esistenza, ignari del destino che ci attende.
D: Certamente, è una forma di felicità... peró non diversa da quella del bue, del cervo o dell´elefante. Questa di cui mi parlate, è una sorte che non si addice al nostro essere uomini...
Studente: E quale sarebbe questa sorte?
D: La stessa di cui sopra vi accennavo. Avere cura della propria esistenza e considerare la vita come un dono, senza mai smettere di ricercare il senso nascosto di questa esistenza.
Studentessa: Ma la scuola in tutto questo cosa c´entra?

(A questo punto avviene qualcosa di insolito: il prof. si gira e inizia a scrivere sulla lavagna il nome di alcuni famosi scrittori...)

D: Kafka, Proust, Dostoevskij, Musil, Calvino, Baudelaire... ecc.ecc… Conoscete chi sono questi scrittori? E quali opere hanno scritto?
Studenti: (tutti in coro): No! Non li conosciamo...
D: E credete di essere vivi? Sono persone che hanno dedicato la loro esistenza a riflettere sulla vita. Leggere le opere di questi autori è come possedere una lente d´ingrandimento che ci permette di leggere e di capire gli eventi del mondo con occhi diversi, con una mente critica.
Studentessa: Io non li conosco, eppure sono viva...
D: No, ragazzi miei... voi credete di essere vivi, ma non lo siete...
(La classe scoppia, all´unisono, in una grande risata).
Studente: Sembra prendersi gioco di noi, prof.
D: È la vita che si farà beffe di voi se non compredete quello che vi ho detto.
Studente: Che cosa c´entrano questi scrittori con la vita?
Studente: Questi scrittori, inoltre, di cui lei ci parla, non sembrano aver vissuto una vita “normale”. Alcuni poi sono finiti in manicomio.
D: È il prezzo che hanno dovuto pagare per aver rivolto lo sguardo troppo nel profondo.
Studente: Che cosa m´importa di una mente critica se mio padre ha già un´ impresa? Io tra qualche anno prenderò il suo posto.
Studentessa: Questa mente critica mi permetterà di aver successo negli affari e nelle faccende private?
D: Questo non posso assicurartelo. Tuttavia una mente critica ti permette quantomeno di valutare con accortezza le situazioni che ti si presentano e ti dà la possibilità di poter scegliere, di volta in volta, la migliore.
Studente: Non ci convince questo discorso... È noioso e anacronistico. Ma lei conosce veramente il mondo?
D: Io vi dico che per conoscere il mondo veramente prima dovete conoscere voi stessi.
Studente: Tutto questo è fuori luogo e insensato.


( Dopo che la campanella ha suonato, interrompendo la discussione in corso, gli studenti escono dalla scuola. Mentre si recano ognuno alla rispettiva casa sono costretti ad attraversare il mercato, dove si possono osservare i volti dei tanti lavoratori, ingrigiti e invecchiati precocemente dalla fatica del loro lavoro.)





 Mercato della Vucciria, Ballarò, Palermo.




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