di Daniel Filoni
... E che importa quella che è la realtà fuori di me, se essa mi ha
aiutato a vivere, a sentire che esisto e quel che sono?
Charles Baudelaire [Lo Spleen di Parigi]
Cosa c’è dietro una Charla Ted-ed? È la domanda che mi sono posto molte
volte in questi giorni dopo aver assistito all’ incontro di sabato 17 giugno
alla Scuola Italiana Cristoforo Colombo. Sicuramente il lavoro di tanti
esperti: pazienza, abnegazione ed ingegno. Ma andando ancora più a fondo ci si
potrebbe anche chiedere: che cos’è una Charla Ted? Una performance, un’azione, un’opera
d’arte, la rappresentazione di un’idea che, anche se prodotta rapidamente e,
apparentemente, di getto, nasconde dietro uno studio, un’osservazione della
realtà, un’elaborazione concettuale che mira alla conoscenza di se stessi e
dell’ambiente che ci circonda.
È bello constatare che le idee – al contrario di come sostiene Platone – non si trovano esclusivamente in un
mondo separato dal nostro, rispetto al quale gli oggetti sensibili non sono che
uno sbiadito ricordo, ma che, al contrario, queste idee, essendo frutto
della nostra mente, possono essere realizzate e messe in opera nella realtà
concreta.
Ed proprio a questa operazione intellettuale e motoria allo stesso tempo che
las Charlas Ted alludono ed invitano.
Ciascuno studente, in un tempo predeterminato, cerca di sostenere sul palco
i motivi della propria idea davanti ad un vasto pubblico, e ripreso dalle telecamere.
Sicché in questo breve tempo tale studente ha il non facile compito di
sviluppare i motivi della sua scelta, cercando di dimostrare le ragioni e la
pertinenza dei pensieri che esprime. Molti sono i fattori di rischio: stress,
emozione e panico scenico, che possono complicare la riuscita della
performance; pertanto, osservare dal vivo i ragazzi, i quali con la loro
capacità plastica riescono ad esprimere le loro idee, nonostante questi
impedimenti, è qualcosa che invita alla partecipazione e alla gioia.
Difatti, nell’ Aula Magna della Colombo, durante las Charlas anche il clima
è mutato. Ed io che amo osservare l’ambiente che mi circonda, noto, con
stupore, l’afflato con cui la preside e i professori iniziano a trattare gli
studenti. È come se improvvisamente fossimo parte della stessa idea, tutti
partecipi e protagonisti. Tutto ciò desta meraviglia e fa riflettere.
Certo, la Charla Ted presenta rischi, come la non riuscita della
performance, tuttavia quale attività della vita è priva di rischi? La bellezza
di questa iniziativa, d’ altronde, è iscritta proprio nel rapporto con il
rischio, nella dialettica: rischio-riuscita cui i ragazzi si sottopongono. In
questo la Charla Ted somiglia molto alla vita. E non è il compito supremo della
scuola quello di insegnare ai ragazzi come agire nella vita, vincendo le
resistenze del mondo esterno, alla luce della conoscenza delle ragioni profonde
del loro animo che hanno imparato a conoscere durante il loro cammino
scolastico?
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